La tratta ferroviaria tra Pisa e Livorno ha recentemente subito una pesante limitazione poiché per alcuni giorni sono stati soppressi treni solitamente utilizzati da pendolari nella fascia oraria mattutina.
RFI, Rete Ferroviaria Italiana, annunciava infatti in un comunicato che “la circolazione è sospesa nelle giornate 10-12-13-17-18-19-20 giugno dalle 9:50 alle 12:50 per eseguire lavori di completamento del rinnovo degli scambi e dei binari a Tombolo sin ora effettuati in orario notturno”. Il comunicato proseguiva dando rassicurazioni sulle finalità degli interventi che “garantiranno una gestione più flessibile con impatti positivi sulla regolarità della circolazione” specificando che “per esigenze tecniche le lavorazioni programmate devono necessariamente essere svolte in orario diurno”.
Potrebbe sembrare una notizia marginale, ma non lo è. La tratta ferroviaria di cui si parla infatti è quella che attraversa la base militare di Camp Darby in una zona di collegamento tra l’aeroporto militare di Pisa e il porto di Livorno.
Puntualmente è scattata la denuncia del collettivo Ferrovieri Contro la Guerra e del Coordinamento Antimilitarista Livornese, che in un volantino congiunto hanno evidenziato le reali finalità dei lavori che hanno determinato il blocco della circolazione. Il potenziamento di scambi e binari su quella tratta infatti – si legge – “comporterà un incremento sostanziale al traffico di armi tra la stazione ferroviaria di Tombolo, il Canale Navicelli e Camp Darby, il più grande arsenale USA fuori dal suolo statunitense. Una rete ferroviaria civile piegata ai voleri guerrafondai della NATO”. Ferrovieri Contro la Guerra e Coordinamento Antimilitarista hanno anche sottolineato come tutto questo si colleghi al clima di escalation bellica, che vede, oltre alla guerra in Ucraina e al genocidio palestinese, ben 56 conflitti armati che coinvolgono oltre 92 paesi, una situazione che di giorno in giorno si fa più drammatica con l’avvio di ulteriori guerre, come sta a dimostrare l’attacco USA all’Iran. Puntuale è stata anche la denuncia del ruolo del Governo italiano, pienamente coinvolto nelle politiche di guerra, come rende evidente la cifra record raggiunta attualmente dalla spesa militare e la previsione di incremento, oltre ai piani di riarmo nazionale già in corso. Miliardi di euro per finanziare le guerre, le missioni militari, l’apparato bellico, mentre aumenta la povertà e vengono fatti a pezzi servizi sociali come scuola, sanità e, appunto, trasporti.
Il 18 e 19 giugno Ferrovieri Contro la Guerra e Coordinamento Antimilitarista Livornese hanno svolto una due giorni per denunciare le reali motivazioni dell’interruzione di circolazione sulla tratta fra Pisa e Livorno. Alla stazione ferroviaria di Livorno è stata convocata una conferenza stampa e sono stati diffusi volantini informativi. Notevole è stato l’interesse dei viaggiatori, tra cui numerosi pendolari, che hanno espresso solidarietà all’iniziativa e manifestato aperta contrarietà alle politiche belliciste e a quella che a tutti gli effetti è un’economia di guerra. Solidarietà e prese di posizione a supporto sono giunte anche da altre realtà antimilitariste e pacifiste del territorio, che hanno dato vita ad iniziative parallele. Testate giornalistiche locali e nazionali hanno dato risalto all’iniziativa, che senz’altro vedrà momenti di rilancio nelle prossime settimane.
Significativo anche che la due giorni di denuncia e protesta sia stata svolta alla vigilia di uno sciopero generale contro la guerra indetto da sigle del sindacalismo di base. Come è stato ben evidenziato nel volantino diffuso, gli scioperi, particolarmente nel settore trasporti, subiscono gli attacchi di una regolamentazione che rende sempre più difficile scioperare, ma anche di una comunicazione che punta il dito contro l’interruzione del servizio e il disagio che lo sciopero arreca all’utenza. In realtà dell’utenza a RFI importa ben poco, soprattutto se si tratta di pendolari e lavoratori, come dimostrano anni di disinvestimento e come, in modo lampante, ha dimostrato l’interruzione della linea ferroviaria tra Pisa e Livorno dei giorni scorsi: per sostenere le finalità militari della ristrutturazione della tratta gli utenti vengono lasciati a piedi, senza nemmeno preoccuparsi di organizzare trasporti sostitutivi.
La situazione denunciata, chiaramente legata al mantenimento e all’allargamento del conflitto mondiale, richiama quindi la necessità di continuare nel percorso antimilitarista. Un percorso che il collettivo Ferrovieri contro la guerra ha intrapreso un anno fa costituendosi a partire da un’assemblea lanciata dalla rivista Cub Rail in seguito all’accordo tra Leonardo e RFI sui trasporti militari circolanti su rete ferroviaria e alla necessità di poter trovare forme di praticabilità di obiezione di coscienza da parte di lavoratori e lavoratrici contrari a prestare la propria attività lavorativa in ambito di trasporto militare.
Quello della logistica militare è un settore molto importante. Si è parlato frequentemente delle importanti mobilitazioni dei lavoratori dei porti contro traffici e movimentazione di materiale bellico, ma anche il traffico ferroviario è largamente interessato da una militarizzazione sempre più pesante.
Gli ambiti strategici di investimento legati al piano operativo Rearm Europe di 800 miliardi comprendono esplicitamente anche la mobilità militare, con l’adeguamento e l’espansione delle reti infrastrutturali multimodali europee e con l’adozione di standard comuni per la logistica militare. Si va dall’abolizione di ostacoli normativi che possono complicare il transito di armi e mezzi militari alla creazione di nuovi hub logistici.
Mentre continua il disinvestimento sui trasporti civili e il taglio del servizio di pubblica utilità, procede a tutto spiano il settore dei trasporti militari.
L’accordo tra Leonardo e RFI del maggio 2024 prevedeva l’adeguamento delle ferrovie al transito dei convogli militari per garantire spostamenti di armi e truppe anche con breve preavviso e su larga scala. Ma il processo è partito già da prima, ed anche i lavori di potenziamento sulla tratta Pisa- Livorno con passaggio attraverso Camp Darby erano iniziati nel 2017.
L’incremento della militarizzazione delle ferrovie del resto è iniziato anni fa in tutta Europa con un piano che attribuiva alla rete TEN-T (Reti transeuropee dei trasporti) un doppio uso, sia civile che militare. Ne sono seguiti ingenti progetti di ristrutturazione, tra cui apertura di nuovi binari o rinforzi degli esistenti in vista del passaggio di carichi pesanti, adeguamento degli scartamenti e degli scambi, risagomatura delle gallerie, costruzione di nuovi tunnel e ponti e così via. Un progetto gigantesco che ha visto un’accelerazione nell’ultimo triennio con la guerra in Ucraina.
L’Italia è attraversata da quattro direttrici della rete TEN-T: il corridoio Mediterraneo, il corridoio Reno- Alpi, il corridoio scandinavo Mediterraneo e il corridoio Baltico-Adriatico.
A febbraio 2025 La Corte dei conti europea ha espresso la necessità di rifinanziare ulteriormente la militarizzazione delle ferrovie sfruttando fondi attualmente destinati al trasporto civile.
Il collettivo Ferrovieri Contro la Guerra, oltre che informare sulla ingente campagna di militarizzazione delle ferrovie a partire da concrete situazioni territoriali, rivendica il diritto all’obiezione di coscienza perché i lavoratori possano sottrarsi a qualsiasi tipo di connivenza con l’uso militare della loro prestazione lavorativa, ma rivendicano anche con forza la necessità di una circolazione ferroviaria civile e sicura contro ogni utilizzo a scopo bellico della rete ferroviaria. Una lotta che unisce quindi il piano lavorativo con quello sociale e collettivo.
Una lotta contro la guerra e non solo.
Vogliamo ricordare infatti che la circolazione di mezzi militari sulla rete ferroviaria, oltre ad alimentare le guerre, comporta una riduzione fortissima della sicurezza sia dei viaggiatori che delle popolazioni e degli insediamenti che si trovano in prossimità delle reti ferroviarie coinvolte.
La movimentazione ferroviaria di materiale bellico, prevede di avere a che fare con “merci” identificate come “Classe 1 Materie e oggetti esplosivi”. E anche se non tutti i materiali bellici sono esplosivi, il rischio di sicurezza sale enormemente, in caso di trasporti militari, andando ad impattare su una situazione già altamente compromessa. Basti pensare al sistema frenante “innovativo” dei treni merci, quello che ha rischiato di scatenare una Viareggio bis il 3 febbraio 2023, quando un treno carico di GPL si è fermato nella stazione viareggina con un principio d’incendio proprio a causa del bloccaggio dei freni sulle ruote di un carro. Per non parlare dei numerosi e drammatici deragliamenti (Viareggio, Pioltello, Livraga) o degli scontri frontali tra treni (Andria e Corato): la sicurezza non è una caratteristica del transito ferroviario, figuriamoci quanto il rischio e la pericolosità possono salire con il trasporto di materiale bellico, oltre al fatto che i treni stessi e i tratti ferroviari militarizzati potrebbero costituire obiettivo sensibile da colpire.
Ci sono quindi molti motivi per opporsi alla militarizzazione delle ferrovie e quella della sicurezza è una questione che si collega solidamente all’opposizione alla guerra e alla militarizzazione crescente. In occasione del sedicesimo anniversario della strage ferroviaria di Viareggio del 2009, queste problematiche devono collegarsi, per costituire elemento di unione delle lotte e delle rivendicazioni contro politiche criminali, portatrici di morte e distruzione.
A.P.